La carità non è invidiosa

“Colui che davvero ama un altro,
desidera tanto il bene di lui e si rallegra tanto di esso,
quanto se fosse suo proprio”
abbraccio
La carità, dice l’Apostolo S. Paolo, non è invidiosa; anzi colui che davvero ama un altro, desidera tanto il bene di lui e si rallegra tanto di esso, quanto se fosse suo proprio. Il glorioso S. Agostino (S. AUG. De amicit. l. I, c. 24) dichiara questa cosa con l’esempio di Gionata e del grande amore che egli portava a Davide. Dice la sacra Scrittura: «L’anima di Gionata rimase strettamente congiunta con l’anima di Davide, e Gionata lo amò come l’anima sua» (I Reg. 18, 1). Di due anime se ne fece una sola, e di due cuori un solo; perché Gionata amava Davide come la sua propria anima: e ne seguì che, con esser egli figliuolo del re, desiderava più per Davide che per se stesso il regno. «Tu sarai re d’Israele ed io sarò il secondo dopo di te» (Loc. cit. 23, 17). Mostrò ben Gionata con questo di gustare del bene di Davide come se fosse stato suo proprio. 
 
Apportano i Santi un altro esempio col quale si dichiara anche meglio questa proprietà e questo effetto della carità, ed è quello dei Beati. Colà nel cielo non vi è invidia tra loro per esservene altri maggiori; anzi se ciò potesse accadere, l’uno desidererebbe all’altro gloria maggiore e di potere ad esso far parte della sua; e chi in questa è a lui inferiore, che gli fosse uguale e ancor superiore; perché tanto si rallegra uno della gloria dell’altro, quanto se fosse sua propria. Né questo è molto difficile da capirsi; perché se di qua l’amor naturale delle madri fa che gustino tanto del bene dei figliuoli, quanto se fosse loro proprio; quanto maggiormente farà questo effetto l’amore dei Beati, essendo tanto più eccellente e perfetto! Or altrettanto la carità e l’amore ha da operare in noi, che ci rallegriamo del bene altrui come se fosse nostro proprio; perché è effetto proprio della carità.
  
E per provarci e animarci maggiormente a questo, S. Agostino nota molto bene, che la carità e l’amore fa suo il bene d’altri; non già spogliando alcuno di esso, ma solamente con gustarne e rallegrarsene esso stesso (S. AUG. Hom. 105, n. 2). Né in questo dice cosa da recare gran maraviglia; che maraviglia è che con amare altresì uno l’altrui bene e con gustarne lo faccia similmente suo, specialmente essendo Dio più pronto a premiare che a castigare? Ora consideriamo qui noi un poco e ponderiamo da un canto quanto eccellente cosa sia la carità e quanto gran guadagno abbiamo in essa; poiché possiamo con questa far nostre tutte le opere buone dei nostri fratelli, solamente rallegrandoci di esse. Ed anche ci può con maggior sicurezza riuscire questo nelle altrui, più che nelle opere nostre proprie; poiché delle altrui non siamo soliti a concepire vanagloria come delle nostre. E consideriamo pure e ponderiamo dall’altro canto quanto mala cosa è l’invidia e quanto perniciosa; poiché fa che il bene altrui sia male proprio; affinché quindi procuriamo di fuggire questa e d’abbracciare quella.
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Gareggiate nello stimarvi a vicenda!!! (Rm 12,10)

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