Il cristianesimo primitivo, trovandosi in un ambiente pagano, scelse di spiegare la sua fede a partire da quell’Essere che i filosofi avevano riconosciuto come fondamento di tutto, per dare al Logos un significato nuovo. Dio, Pensiero di pensiero secondo i filosofi, divenne Amore per i cristiani: «si fa l’esperienza di come il Dio dei filosofi sia totalmente altro da come i filosofi l’hanno pensato, senza cessare di essere ciò che essi hanno trovato»[1].
La concezione trinitaria determinò un superamento fondamentale del pensiero filosofico. Grazie al contributo dei Padri Cappadoci (IV sec.), che distinsero chiaramente tra ousìa e hypòstasis[2], la Chiesa giunse ad affermare che Dio, Uno e Trino, è relazione e nelle relazioni reciproche risiede la distinzione reale delle Persone divine. Inoltre, poiché la relazione di opposizione[3] non introduce divisione nella sostanza, che i Tre posseggono in maniera indivisa, si parla anche di mutua immanenza delle Persone divine (circuminsessio o perichòresis)[4].
Nel contesto trinitario prese forma anche la dottrina della creatio ex nihilo, che metteva in luce la gratuità del dono della creazione[5]. Un importante contributo venne da Ireneo di Lione (II sec.) che vide nella libertà il fondamento di tutto ciò che esiste, superando il monismo neoplatonico[6]. La conseguente riflessione sulla libertà e la dignità dell’uomo permise anche di realizzare il passaggio da “individuo” a “persona”. Infine, grazie alla dottrina sulla creazione alla molteplicità si riconobbe il valore di realtà originaria, superando così la concezione di Dio come pura unità per fare spazio alla fede nella Trinità
[1] J. RATZINGER, Introduzione al Cristianesimo, Queriniana, Roma 196820, p. 135.
[2] Vedi L.F. MATECO-SECO–G. MASPERO, Il Mistero di Dio Uno e Trino, cit., pp. 138-144.
[3] Vedi Ibidem, pp. 300-301.
[4] Vedi Ibidem, p. 329.
[5] A riguardo vedi G. MASPERO-P.O’CALLAGHAN, Creatore perché Padre, Cantagalli, Siena 2012, pp. 51-70.
[6] Cfr. L.F. MATECO-SECO–G. MASPERO, Il Mistero di Dio Uno e Trino, cit., pp. 109-111.